Billy Elliot: i sogni son desideri … che si possono avverare.
Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma)
Qualche tempo fa ho avuto modo di assistere al musical tratto dal film Billy Elliot presso il Victoria Palace di Londra.
La storia di Billy Elliot
La storia, per chi non avesse visto questa interessantissima pellicola del 2000 del regista Stephen Daldry, narra le vicende di William (Billy), undicenne inglese innamorato della danza che, per realizzare il proprio sogno artistico, deve sfidare una serie di ostacoli sociali e familiari non indifferenti.
La trama del film è ispirata alla storia vera del ballerino Philip Mosley e, guarda caso, ricalca molto da vicino l’esperienza dello stesso giovane attore, Jamie Bell, che infatti ha calzato alla perfezione questo ruolo.
Il contesto storico
La storia è ambientata intorno a metà degli anni ’80 quando, in Inghilterra, i minatori entrarono in guerra contro il governo conservatore che minacciava di far chiudere le miniere di carbone. Il provvedimento annunciato da Margaret Thatcher si configurava come un rischio per circa ventimila operai dello Yorkshire. Un periodo di forti scontri e violenti tumulti, scioperi sindacali, generale malcontento.
Il piccolo Billy e la sua passione
Nel musical, il piccolo Billy, che scopre in sé questa innata passione per la danza, fa una gran fatica a tirarla fuori: e non è esclusivamente l’opposizione del padre e del fratello a rendere tutto così difficile da realizzare.
La danza, negli anni ’80, e in certi ambienti sociali, era ritenuta una disciplina da ragazze, non certo da futuri omaccioni; i bambini, per diventare veri uomini, dovevano invece praticare alcuni specifici sport ‘maschili’.
Modelli maschili a confronto
Billy, infatti, viene iniziato alla boxe, sport nel quale fallisce con goffaggine, a causa del suo completo disinteresse e del forte senso di frustrazione.
La passione per la danza, quindi, si configura come scontro ‘di genere’. Solo le ragazze si dedicano alla danza, e se un ragazzo vuole praticarla, significa che non è un vero ‘macho’, ma, come viene definito nel musical, è solo un ‘puff’, un omosessuale nella sua accezione più omofobica e sessista.
I modelli maschili che vengono propinati ai maschietti, nel film come anche nel musical, sono esclusivamente due: i minatori, dei quali fanno parte padre e fratello di Billy – forti maschioni dalla muscolatura equina, lo sguardo fiero e bovino, dei contestatori nati, strenui sostenitori dei diritti dei lavoratori – e i poliziotti – gregari per definizione, dunque sottomessi ad un’autorità esterna, nemici dei deboli e, in definitiva, poco intelligenti.
In questi due modelli di uomo non c’è spazio per l’arte, la fantasia, la passione e le emozioni, nessuna possibilità per esprimere quella che Billy, in una ballata, definisce ‘elettricità’, quell’energia vitale e incontenibile che la danza gli comunica e gli permette di esprimersi autenticamente.
Ascoltare la propria forza interna
Ma proprio di questo si tratta: Billy, per essere ciò che sente di essere, ha bisogno di ascoltare questa forza interna, accogliere questa passione e praticarla.
Anche la madre di Billy, morta precocemente, in una lettera che lascia al figlio, sembra essere dalla sua parte: “Sono fiera di averti conosciuto e che tu sia stato mio. Sii sempre te stesso”.
È anche per una sorta di promessa alla madre che Billy desidera realizzare il sogno della danza. La docente di ballo, Mrs Wilkinson, sembra proprio perfetta per vestire i panni di una figura materna; nonostante l’apparente ruvidità, la maestra incoraggia Billy e lo sostiene nei diversi momenti critici e nello scontro frontale con la famiglia.
Billy e l’omologazione
Billy si distingue dalla massa di capre e dai modelli maschili del mondo al quale appartiene. Billy è il ‘figlio dell’oca bianca’, la ‘pecora nera’ che non potrà mai seguire le orme del ramo maschile della famiglia, non sarà un operaio né un sindacalista. Si tratta di una verità che comprenderanno anche i colleghi di suo padre e suo fratello che, per sostenerlo finanziariamente, decidono di fare una colletta per fargli prendere parte ad una importante audizione.
Una lotta di classe
La storia di Billy si configura anche come una lotta di classe: padre e fratello fanno parte della ‘working class’, i lavoratori che mettono ogni giorno a rischio la loro vita per guadagnarsi il salario, quelli che non hanno santi in paradiso e che non temono la morte, e la ‘middle class’. Quest’ultima categoria sociale era in grande ascesa proprio in quegli anni. E, come tutte le storie, c’è anche la lotta generazionale, assolutamente fisiologica, tra genitori e figli.
Niente più stolti bufali
Billy ci insegna che i sogni e le passioni posso diventare realtà, la nostra realtà quotidiana; nonostante le inevitabili complicazioni che incontriamo lungo il percorso, possiamo affermarci e realizzarci senza sottoporci come stolti bufali ai desideri, alle aspettative o – ancora peggio – ai progetti non realizzati delle persone che ci sono accanto.
In questo mulinello continuo che è la vita, è possibile opporsi alle correnti che tendono a trascinarci via nell’accettazione e nella passività.
Se lo cerchiamo, se lo desideriamo, può esistere uno spazio psicologico per domandarci quali sono i nostri sogni: tutto sta nel raccogliere le forze disponibili ed entrare nella vita che vogliamo … con tutte le scarpe. Anche con le scarpette da punta.