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Pensavo fosse amore … invece era maltrattamento

Il titolo di questo articolo, volutamente provocatorio, vuole invitare ad una riflessione su una condizione clinica che si configura come un vero e proprio maltrattamento nei confronti dei minori: il Disturbo Fittizio Provocato ad Altri, un tempo noto come “Sindrome di Münchausen per procura”.

foto di sasint

I segni del maltrattamento

È più immediato insospettirsi di fronte a ferite o morsi piuttosto che davanti a un bambino ricoverato, sofferente, in uno stato di malessere somatico indefinibile con un genitore amorevole che gli sta accanto.

La modalità con la quale questo tipo di maltrattamento si manifesta è, infatti, estremamente peculiare.

Nel Disturbo Fittizio procurato ad Altri, un adulto (solitamente il genitore, più raramente una babysitter o un tutor) organizza sintomi, segni fisici e psichici nel bambino del quale si prende cura.

In questi quadri patologici, i bambini o sono originariamente sani oppure erano già affetti da disturbi ben riconoscibili e identificabili, in precedenza: con il passare del tempo e in modo misterioso, questi minori manifestano sintomi bizzarri, incomprensibili, impossibili da diagnosticare e quindi, di fatto, incurabili.

foto di Myriams-Fotos

Nei casi in cui queste situazioni vengono identificate e denunciate, si scopre che il caregiver (colui o colei che si sono occupati del minore) ha simulato una malattia nel bambino o lo ha indotto ad ammalarsi.

Sono frequenti i casi nei quali, ad esempio, le mamme (tra i genitori, sono le più rappresentate) hanno fatto bere il loro sangue mestruale ai piccoli per far credere ai medici che i figli stessero avendo un’emorragia interna, o casi nei quali il genitore ha somministrato farmaci non necessari, elevate dosi di sale da cucina o zucchero, fino ad arrivare addirittura a prodotti pericolosi quali, ad esempio, veleno per topi o altre sostanze corrosive.

Eppure, questi caregiver, questi adulti significativi, si mostrano in tutto e per tutto estremamente amorevoli, devoti al piccolo e alla sua condizione di salute, come se fossero estranei ai fatti, …sono addirittura collaborativi con lo staff medico!

Il maltrattamento “travestito”

Travestito da premura, cura, attaccamento nei confronti dell’altro (percepito come debole e bisognoso di cure), questo anomalo comportamento provoca nella vittima un disagio tale che, nei casi più drammatici, può condurre addirittura alla morte del soggetto di minore età.

Secondo le stime del Garante dell’Infanzia, in Italia, situazioni come quella appena descritta rientra nell’8,4% del maltrattamento verso i minori.

Il Disturbo Fittizio Provocato ad Altri è parte, infatti, della cosiddetta “patologia delle cure” e rappresenta uno specifico sottotipo: il comportamento dell’ipercura, cioè l’eccesso di cure che, in quanto esagerate, sfociano nell’anomala attenzione all’altro e quindi nella patologia.

Una delle caratteristiche principali di questo disturbo è legato alla sfera temporale: la relazione maltrattante può durare mesi, persino anni, senza che vengano rilevati sintomi di disagio psicologico dell’adulto maltrattante.

Il diluirsi nel tempo di questo tipo di relazione patologica e patogenetica è una delle maggiori difficoltà connesse a questa condizione: l’allungarsi nel tempo di queste cure abnormi porta gli specialisti a diagnosticare troppo tardi questo quadro, a volte, come accennato poco sopra, portando a esiti fatali per la vittima di maltrattamento.

Cosa spinge un adulto a questo tipo di sottile, nascosto maltrattamento?

I soggetti abusanti, in questo tipo di condizione, manifestano in modo più o meno sottile un forte bisogno di sentirsi stimati ed essere considerati dei genitori/tutori attenti e amorevoli, capaci di sintonizzarsi sui bisogni e sui disagi del minore.

La condizione morbosa procurata al bambino rende questi adulti degni di essere “compatiti” dagli altri e considerati dei genitori eroici, veri e propri modelli da prendere come esempio.

In altri casi, invece, è possibile ipotizzare che i caregiver desiderino in maniera più o meno velata “sbarazzarsi” del bambino, ricevendo, allo stesso tempo, la compassione e la stima delle persone intorno a lei/lui (è questa una delle diagnosi ipotizzate per Anna Maria Franzoni).

In altri casi ancora, il disagio provocato nel corpo del bambino fa sì che il genitore meno coinvolto nell’educazione del figlio (solitamente il padre), a causa del malessere del minore, sia costretto ad occuparsi del proprio figlio: un modo gravemente patologico di attirare l’attenzione del coniuge su di sé, per il tramite del figlio.

I momenti propizi nei quali portare un bambino in ospedale

Spesso questo disturbo si palesa durante le ore serali o nei week-end, momenti durante i quali negli ospedali sono presenti pochi operatori o sanitari con poca esperienza, quindi facilmente manipolabili e suggestionabili: infermieri alle prime armi, medici giovani, tirocinanti.

foto di HeungSoon

Quando si presentano in cerca di aiuto, i caregiver mostrano casi che generano subito uno stato di allerta che sembra necessitare di un pronto intervento in tempi molto rapidi (ad esempio, le vittime presentano sanguinamento, intensi dolori addominali, …).

Come accennato poco sopra, il caregiver (solitamente la figura materna) attribuisce al bambino uno o più disturbi che però non risultano confermati dalle indagini mediche.

Spesso frutto di distorte convinzioni circa la salute, questa malata preoccupazione viene dal caregiver trasferita sul bambino che tende, in un secondo momento, a colludere in modo inconsapevole con questo atteggiamento, arrivando a volte a simulare i sintomi di un vero disturbo organico.

In letteratura risultano anche numerosi casi nei quali la vittima risulta essere un animale domestico (la cosiddetta “Münchausen by Pet”, nota in ambito veterinario). Vi sono anche casi di Disturbo Fittizio Procurato ad Altri messi in atto nei confronti di persone adulte.

Numeri

Negli Stati Uniti si ritiene che la prevalenza dei Disturbi Fittizi vari da 0.5 % fino al 2% della popolazione (Gieler, Eckardt-Henn, 2004; Fliege, Grimm, Eckhardt-Henn, Gieler, Klapp; 2007).

In una ricerca condotta in Gran Bretagna, su un campione di 400 pazienti, circa l’8% di questi rispondeva ai criteri di Disturbo Fittizio (Poole, 2010).

Una ricerca italiana

In uno dei rari studi effettuati in Italia e dedicato ai Disturbi Fittizi e condotto dal Prof. Pietro Ferrara presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma, sono emersi dati che fanno riflettere. In base a questo studio, tale tipologia di disturbo resta per lo più sconosciuto e difficile da diagnosticare, nonostante si tratti di una realtà dolorosissima che non di rado trova spazio nella cronaca nera.

Dai risultati emerge che su 751 bambini ricoverati nel reparto di Pediatria del Policlinico Gemelli tra il 2007 e il 2010, nel 2% dei casi è stato ipotizzata la diagnosi di Disturbo Fittizio e di questa percentuale almeno tre casi rispondevano ai criteri del Disturbo Fittizio Procurato ad altri (Ferrara, 2013).

Il titolo della ricerca appena menzionata, Factitious disorders and Münchausen syndrome: The tip of the iceberg, sottolinea che i casi di cui abbiamo notizia sono solo una parte della realtà, mentre gli altri rimangono sommersi al di sotto del metaforico “iceberg”.

foto di spalla67

Indicatori specifici

Purtroppo non esistono indicatori specifici ai quali gli specialisti del settore possano ricorrere per liberare la giovanissima vittima da questo gioco al massacro.

È indispensabile lavorare su più fronti per implementare operazioni di informazione e prevenzione a tutti i livelli (primaria, secondaria e terziaria), in collaborazione con gli operatori di diversi settori del sapere (psichiatria, pediatria, medicina internistica, psicologia, ambito giudiziario), per fornire adeguate cornici concettuali, evolutive e procedurali che aiutino a comprendere e affrontare questo disturbo, con tutte le sue numerose conseguenze su vittime, adulti abusanti e sistemi familiari.

Nonostante possa essere difficile pensare che un genitore, una mamma, un papà, possano nuocere così gravemente alla salute e alla vita del loro bambino, dobbiamo imparare a vedere gli altri con occhi maggiormente critici e consapevoli, ben sapendo che i genitori non svolgono tutti alla stessa maniera il loro ruolo di guida per i loro figli.

Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).

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