Letture

I libri vanno aperti, sfogliati, dissolti nella loro presunta unità, per offrirli a quella  domanda che non chiede “che cosa dice il libro?”, ma “a che cosa fa pensare  questo libro?” I libri non servono per sapere ma per pensare, e pensare significa  sottrarsi all’adesione acritica per aprirsi alla domanda, significa interrogare le cose  al di là del loro significato abituale reso stabile dalla pigrizia dell’abitudine.                                                                                              Umberto Galimberti


 

 

 

 

 

Lapsus, atti mancati, dimenticanze, motti di spirito… e molto altro ancora. Il padre della psicoanalisi ci insegna come il nostro inconscio si esprime quotidianamente, nelle nostre vite, a nostra insaputa! Un saggio che si porta bene gli anni, dato che è stato pubblicato nel 1904.


 

 

 

 

 

L’autobiografia della più celebre scrittrice neozelandese, Janet Frame, scomparsa nel 2004: la storia di una donna fragile, sensibile, rinchiusa in manicomio dove è stata costretta a subire più di duecento elettroshock.

La sua scrittura è intensa, immediata e coinvolgente. Dal libro è stato realizzato un interessante film a opera di Jane Campion.


 

 

 

 

 

Ritratti di donne di ieri e di oggi, donne dai mille desideri e dai mille volti nascosti: la fantasia e la sensibilità di questa scrittrice messicana si esprimono al meglio in questa raccolta di brevi, delicati racconti.


 

 

 

 

 

Una donna, due matrimoni: due legami diversi che sembrano saldarsi tra di loro, come completando la personalità di dona Flor.

Il lutto del primo marito da fardello si trasforma in arricchimento e passione nel secondo legame: realtà o fantasia? Al lettore la risposta.


 

 

 

 

 

 

Due persone molto vicine allo scienziato hanno raccolto appunti, lettere, riflessioni di Albert Einstein che ce lo fotografano nel suo lato più ‘umano’. Cito da questo libricino la risposta che Einstein diede ad un musicista di Monaco di Baviera che gli aveva scritto parole cariche di amarezza e depressione:

«Non legga i giornali, si cerchi alcuni amici che condividano il Suo modo di pensare,

studi i meravigliosi scrittori del passato: Kant, Goethe, Lessing, i classici degli altri paesi.
Si goda le bellezze naturali dei dintorni di Monaco. Faccia finta di vivere, per modo di dire, su Marte, in mezzo a creature estranee, ed eviti di approfondire qualsiasi interesse

nelle attività di quelle stesse creature.
Diventi amico di qualche animale. […] Si ricordi sempre che gli animi più alti e più nobili sono sempre necessariamente soli, e che perciò possono respirare la purezza della propria atmosfera.

Le stringo la mano in cordiale amicizia.
E. » 


 

 

 

 

 

Un microcosmo polveroso e pullulante di emarginati abita Vicolo Cannery, romanzo di John Steinbeck: i suoi personaggi sono dei perdenti, autentici imbranati e mezzi scellerati che annoverano, tra gli altri, prostitute, commercianti cinesi, ruffiani, alcolisti, giocatori, buttafuori. E al centro di questa storia si staglia lui, il Dottore (con tanto di ‘d’ maiuscola), bizzarro biologo di un decadente istituto di ricerca. Possibile che un romanzo con questo genere di protagonisti possa risultare interessante? Provare per credere!


 

 

 

 

 

 

Il principe Myškin soffre di epilessia, diffusa patologia neurologica che può condizionare in misura significativa la vita di chi ne è affetto; Myškin, addirittura, viene additato come un ‘idiota’, un pò per l’ignoranza delle persone, un pò perché in realtà l’epilessia lo ha modellato e psicologicamente trasformato. Grazie a questa condizione, però, il principe è un uomo infinitamente generoso d’animo e dallo sguardo bambino; proprio grazie all’epilessia, Myškin è uno spirito profondamente buono, incapace di vedere o praticare qualsiasi tipo di malvagità, sa essere empatico e compassionevole, uno ‘spirito libero’ in senso nietzschiano, capace di incarnare in modo del tutto spontaneo l’archetipo del puer aeternus junghiano. L’epilessia, bollata dai medici come condizione ‘anomala’, sembra concedergli un accesso riservato a una dimensione di maggiore autocoscienza, uno stato d’eccezione, una «illimitata felicità» che, seppur breve, «poteva valere la vita intera». Un libro fondamentale nella biblioteca di tutti.


 

 

 

 

 

Erika Kohut è una stimata pianista austriaca e docente di conservatorio: una donna tutta d’un pezzo, che ha di poco superato la quarantina, abituata a non sorridere mai, vestita con abiti abbottonatissimi ed austeri, un essere che sembra non aver mai bisogno di niente e di nessuno. Erika è l’insegnante di pianoforte del virtuoso e promettente Walter Klemmer, circa la metà degli anni di lei, curioso bellimbusto, mandrillo narcisista sempre a caccia di conquiste, espansivo e un po’ ingenuo, ottimo studente di pianoforte e grande sportivo. Tra i due si fa strada un mix di sentimenti che oscillano tra l’ammirazione e l’attrazione. Erika, però, nasconde un mondo interiore davvero inquietante e gravemente compromesso che difficilmente può permettere ad un individuo di amare in modo libero e rispettoso dell’altro. Un romanzo dai toni a volte macabri e angoscianti, emerso dalle sagge mani di Elfriede Jelinek, straordinaria scrittrice austriaca di origine ceco – romena che nel 2004 si è aggiudicata il Premio Nobel per la Letteratura.


 

 

 

 

 

Il romanzo inizia con un tragico incidente: una mongolfiera prende il volo con un bambino solo a bordo. Proprio in questa drammatica, bizzarra occasione, Joe, il protagonista, fa amicizia con Jed: da quel momento in poi i due diventeranno inseparabili … purtroppo. E in modalità folle, aggressiva e soprattutto senza alcun brandello di reciprocità.  


 

 

 

 

 

Presentato dal filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti,  questo saggio dell’oncologo Enzo Soresi ci fa presente che possiamo “riappropriarci della nostra salute”. Oltre ogni dualismo cartesiano, Soresi mette in rilievo le strette, indissolubili connessioni che legano corpo e mente in tutte le loro vicissitudini, sia nel benessere che nella malattia.


 

 

 

 

 

Ritenuto uno dei migliori libri in lingua inglese dalla rivista Time, questo romanzo di Paul Bowles racconta il viaggio di tre americani in Marocco. Non si tratta semplicemente di un viaggio lontano dalla propria terra ma di un cammino interiore che si spinge oltre i confini psicologici della vita ordinaria e che porta i tre personaggi a vagare in modo ondivago ed emotivo nelle viscere del loro inconscio privato. La storia è ambientata a fine anni ’40, tra tanto deserto e un’immensa, umana fragilità; tra le righe di questo testo emerge anche la concezione islamica del destino. Un romanzo pieno di poesia, nel quale immergersi completamente con tutti i sentimenti e le passioni. Nel 1990 Bernardo Bertolucci ne ha realizzato un bellissimo adattamento cinematografico con tre attori straordinari: John Malkovich, Debra Winger e Campbell Scott. Colonna sonora perfetta, come sempre lo sono quelle di Ryuichi Sakamoto.

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