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Soma e psiche: quando è il corpo a parlare

Corpo e mente si influenzano costantemente: non esiste stato fisico che non abbia un correlato psicologico e viceversa.
Di questi meccanismi si occupa in maniera precipua la Psico-neuro-endocrino-immunologia (PNEI), che ci riporta al nostro essere un’unità indivisibile costituita da corpo e mente.

La PNEI: che cos’è

La Psico-neuro-endocrino-immunologia (PNEI) è una disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici, tra sistema nervoso centrale, sistema endocrino e sistema immunitario.
In parole semplici, oggi possiamo affermare che la mente e il corpo sono sistemi profondamente interconnessi, che si influenzano reciprocamente.
Questa consapevolezza permette di progettare programmi di prevenzione e trattamenti che includano soma e psiche, andando oltre il dualismo cartesiano, così profondamente dannoso e fuorviante (la separazione, teorizzata dal filosofo Cartesio, tra res cogitans e res extensa).

Un intervento sul corpo (farmacologico, chirurgico, fisioterapico, …) ha immancabilmente ripercussioni sulla mente, così come un trattamento psicologico (psicoterapia, meditazione, mindfulness, biofeedback, neurofeedback, …) ha sempre conseguenze (si spera positive!) sul corpo.
Grazie a questo nuovo modo di concepire l’essere umano, attualmente possiamo considerare medicina e psicologia come “due facce della stessa medaglia”, due modi differenti (ma non troppo!) di occuparsi di un individuo, “proprietario” di una corporeità e di una mente, interagenti tra loro.
Per approfondire, consiglio di dare uno sguardo al sito della Società Italiana di Psico – neuro – endocrino – immunologia: https://sipnei.it/

Lo stress

Nei casi di stress, condizione sempre molto frequente nelle vite di tutti noi, il nostro corpo tende a liberare in modalità anomala sostanze chimiche (come il cortisolo, l’ormone dello stress, o le citochine, molecole prodotte dal sistema immunitario che diffondono i processi infiammatori nel nostro organismo) che portano l’individuo a sofferenza e cronicità.
Quando la psiche è portatrice di un malessere, il soggetto può esserne cosciente ed esprimerlo, magari anche ricorrendo all’aiuto di uno specialista della salute mentale; se invece di questo disagio psichico non c’è consapevolezza e c’è scarsa dimestichezza con le faccende della psiche, è il nostro corpo a farsi portatore di questo pesante grido di dolore.

immagine di BiancaVanDijk

Questo meccanismo è noto, in psicologia, psichiatria e prima di tutto in psicoanalisi, con il termine “somatizzazione”: con questo processo, il corpo diventa portavoce di un malessere psicologico che sembra non potersi esprimere in altro modo.
Di questo meccanismo, spesso, sentiamo parlare anche con il termine “conversione”.

Sigmund Freud e l’isteria

Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, fondò la “teoria delle nevrosi” a partire dalle sue pazienti isteriche che soffrivano proprio di somatizzazioni: queste donne, così sofferenti e teatrali nel loro modo di esprimere il disagio, erano anche definite affette da “isteria di conversione”.
Attualmente, siamo abituati ad utilizzare l’aggettivo “isterico” – soprattutto declinato al femminile – per indicare persone nervose, di scarso impegno, che tendono ad incollerirsi per nulla o anche soggetti perennemente insoddisfatte. Oggi, in ambito clinico, si definiscono “isterici” individui caratterizzati da un tono dell’umore orientato in senso depressivo, patologie psicosomatiche o alterazioni caratteriali (Galimberti, 1990).

L’isteria era ed è maggiormente riscontrabile nella popolazione femminile: un po’ come accade, per converso, al narcisismo, più tipicamente frequente tra gli uomini.

foto di Engin_Akyurt

Le pazienti isteriche di freudiana memoria erano donne che, attraverso il canale corporeo, comunicavano un conflitto squisitamente psicologico.
Si trattava, infatti, di donne che manifestavano problemi somatici privi di un’origine fisica ben individuabile. Negli anni precedenti alla nascita della psicoanalisi, queste donne venivano sottoposte a trattamenti medici di vario genere, nel tentativo di curare un male fisico che però aveva una genesi e uno sviluppo squisitamente psicologici.

Le sofferenze delle pazienti isteriche

Tra le isteriche vi erano donne che manifestavano stati epilettoidi (che somigliavano cioè a crisi epilettiche ma che vere crisi non erano), che perdevano i sensi di frequente senza una causa somatica, pazienti con inspiegabili alterazioni della sensibilità o della motricità di alcune parti del corpo (fino al completo blocco degli arti), alcune sembravano addirittura soffrire di sordità o cecità temporanee, ad altre ancora si gonfiava incomprensibilmente l’addome pur non essendo in stato di gravidanza (chiamate successivamente “gravidanze isteriche”).

foto di TungArt7

Il corpo, in tutti questi casi, veicola un disagio che origina nella psiche: quali sono le motivazioni di tutto questo “trambusto”? Perché scomodare il corpo? E come avviene questo passaggio dalla mente al soma?
Su questi temi si è scritto moltissimo e si continua a farlo, perché risposte univoche non ce ne sono e il rapporto che connette corpo e mente rimane ancora in parte oscuro, misterioso e affascinante.

Nel lavoro psicoterapeutico, ci troviamo molto spesso a confrontarci con corpi che soffrono: sono corpi spesso martoriati da cruente, sovrabbondanti indagini mediche, corpi sovrainvestiti di attenzioni, non di rado posti sul lettino operatorio come se fosse l’unica risposta a quel disagio profondo, posti al centro di un palcoscenico immaginario, come se la mente non esistesse e la persona si riducesse al mero dato biologico.

Chi somatizza?

Il processo di somatizzazione può colpire persone di qualsiasi professione e qualsiasi livello sociale, anzi: le pazienti isteriche di Sigmund Freud erano tendenzialmente persone di ceto medio – elevato. Ciò significa che tra le cause di questo malessere non possiamo annoverare la mancanza di strumenti culturali o di sensibilità.
Non ci troviamo di fronte a persone alle quali manca la volontà: chi somatizza non lo fa per svogliatezza o mancanza di risolutezza – nonostante ciò non sia da escludere a priori in tutti i casi.
Si tratta di persone che spesso hanno una vulnerabilità (genetica, familiare, psicologica, sociale), una propensione a scaricare la tensione nervosa sul corpo: in situazioni stressanti, magari ripetute nel tempo, questo “sovraccarico” diventa talmente ingestibile da sfociare nel corpo.

foto di TungArt7

Il corpo come “valvola di sfogo”

In altre parole, quando un soggetto in qualche modo predisposto in questo senso vive una o più condizioni critiche, il sintomo fisico prende il sopravvento e funge da valvola di sfogo per l’individuo: in questo senso possiamo vedere il disagio psicosomatico come una sorta di escamotage che ci permette di non soccombere.
Spesso, chi somatizza un disagio psicologico non ha avuto la possibilità di avvicinarsi alla psicoterapia, non ci ha mai pensato, non ha mai incontrato nessuno capace di indirizzarlo verso un dialogo interiore.
In altri casi si tratta di persone poco inclini all’introspezione e quindi un lavoro psicologico su di loro potrebbe risultare molto faticoso o addirittura irrealizzabile.
L’elenco delle condizioni psicosomatiche è lungo e riguarda diversi distretti corporei: tra le patologie maggiormente diffuse nelle quali lo stress gioca un ruolo fondamentale ricordiamo la psoriasi, alcune forme di asma, alcune dermatiti, alcuni disturbi gastrointestinali e numerose malattie autoimmuni.

Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).

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