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Leonardo da Vinci visto da Sigmund Freud (saggio del 1910)

Fiumi di parole sul genio da Vinci

Sul genio di Leonardo di ser Piero da Vinci sono stati scritti fiumi di parole, da diversi punti di vista. Il Maestro, come sappiamo, è stato scienziato, artista, letterato, ma il punto di vista del fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, è veramente interessante.
Nel breve saggio che Freud ha voluto dedicare più di un secolo fa al genio di Leonardo, accessibile ai non addetti ai lavori, lo psicoanalista delinea un ritratto che definirei “umano” di questo incredibile personaggio, descrivendolo nei suoi tratti più essenziali ma anche più intimi. Proverò brevemente a dimostrarvelo, sperando di farvi venire … come dire, l’acquolina agli occhi.

L’ultima cena, Leonardo da Vinci (1495-1498) – immagine di GDJ

Vegetariano

Intanto, un dettaglio sullo stile di vita alimentare: forse non tutti sanno che il grande Leonardo … non mangiava carne! Uomo pacato, placido e tranquillo, «non riteneva giusto togliere la vita agli animali» (p.218), anzi, quando gli era possibile, racconta Freud, comprava volatili al mercato e amava liberarli dalle loro gabbie.
Inoltre, Leonardo, seppure noto anche come inventore di macchine militari, detestava la guerra, evitava qualsiasi genere di conflitti e considerava l’uomo «la prima bestia infralli animali».

Dimentico di sé

Il maestro da Vinci, sempre secondo l’analisi di Sigmund Freud, era un insaziabile, affamato ‘ricercatore’, animato da un ardente, ‘libidico’ desiderio di conoscere.
Leonardo era un vero infaticabile lavoratore, tanto che, quando era all’opera, immerso in ciò che faceva e profondamente alla ricerca della forma ‘perfetta’, sembrava dimenticarsi … di sé.
A volte trascorreva un intero giorno su un’impalcatura, tralasciando anche i bisogni di base («non pensando né a mangiare né a bere», p. 217). Questa sua continua tendenza a ricercare, a perfezionare, lo portava a non essere quasi mai soddisfatto delle proprie opere e a ritenerle sempre incomplete: la stessa cosa accadde nel caso della famosissima Monna Lisa.

immagine di Darkmoon_Art

Monna Lisa e la continua ricerca di “perfezione”: le sfide impossibili

Sul famoso ritratto della moglie del fiorentino Francesco del Giocondo, la celebre Monna Lisa, egli lavorò per quattro anni, senza tuttavia portarla a definitiva chiusura – almeno dal punto di vista dell’autore – e per questo motivo, l’opera non fu mai consegnata al committente.
In seguito, Leonardo portò con sé in Francia il dipinto che fu poi successivamente acquistato da Francesco I (oggi, come noto, il ritratto è uno dei più celebri capolavori esposti al Louvre di Parigi).
Risulta difficile crede che quello che, ad oggi, è uno dei ritratti più famosi e ammirati al mondo …non apparve mai agli occhi del suo stesso autore come un capolavoro; o gli storici dell’arte degli ultimi cinque secoli si sono sempre sbagliati sul valore della Monna Lisa, o il nostro genio era perennemente insoddisfatto di sé e di ciò che faceva, un vero perfezionista alla ricerca della forma assoluta.

Una storia familiare travagliata

Altrettanto interessante però, sempre seguendo il saggio di Freud, è la storia familiare del personaggio, caratterizzata da una pressoché totale mancanza della figura paterna, durante i primi anni di vita.
Il Maestro da Vinci era figlio illegittimo e trascorse quindi la propria infanzia esclusivamente con la madre, donna povera e solitaria che, quando Leonardo aveva cinque anni, morì. Alla morte della madre, il bambino venne affidato al padre il quale, nel frattempo, aveva sposato un’altra donna; così Leonardo, ‘grazie’ alla perdita della madre entrò a pieno titolo a far parte della famiglia paterna.


Qui venne allevato dal genitore vivente e dalla matrigna la quale, a quanto riporta Freud, fu molto benevola con lui. Secondo lo psicoanalista viennese, queste vicende infantili, senza dubbio molto dolorose e decisive, per un bambino della sua età, condussero il giovanissimo Leonardo a sviluppare un precoce, forte spirito di osservazione, insieme a una profonda capacità di dialogo interiore e di riflessione, le stesse caratteristiche che riscontriamo nella sua arte e nelle sue invenzioni.

immagine di Darkmoon_Art

Questa sua inclinazione a produrre, questo rapporto con la materia e la creazione, con gli strumenti scientifici e da disegno, sembrano trasmettere un’intensa carica ‘erotica’ (in senso psicoanalitico, una pulsione energetica primaria).
La figura materna, alla quale fu intensamente legato nei primi anni di vita, sembra tornare molto spesso nelle sue opere: le donne che ritraeva, infatti, avevano un po’ tutte una certa somiglianza tra loro, come se ci fosse tra di loro una specie di ‘antenata’ o modella comune.
Grazie a queste osservazioni, Sigmund Freud ci fa presente che, attraverso la pittura, Leonardo è stato in grado di riportare alla luce la figura di sua madre, come nel tentativo di ricordarne il volto ed elaborarne la precoce, repentina scomparsa dalla sua vita.

Leonardo e l’amore

Dell’ambito delle relazioni amorose di Leonardo si sa ben poco; lo stesso Freud è incerto se attribuirgli relazioni con donne.
All’epoca in cui era apprendista presso il Verrocchio, però, Leonardo fu accusato di praticare comportamenti ‘omosessuali illeciti’; nonostante l’accusa si sia conclusa con un’assoluzione, erano in molti a ritenere che da Vinci si circondasse di ragazzi attraenti e soprattutto giovani.

immagine di CDD20

Sentimenti sublimati

Freud sembra “difenderlo” da questo tipo di insinuazioni, ritenendo che, al contrario, la sua carica interiore egli non la esprimesse tanto in ambito sessuale, quanto in campo ingegneristico/artistico, trasformando e sublimando questa pulsione.
Nel saggio, Freud cita e sottopone ad analisi psicologica un sogno dall’intenso simbolismo che sembrerebbe spiegare alcune dinamiche psichiche e sentimentali del grande Leonardo; preferisco non addentrarmi in questa direzione perché altrimenti rischierei di ‘vuotare il sacco’ e raccontare proprio tutto di questo straordinario scritto …
Senza mai sbilanciarsi in modo critico o in senso psicopatologico nei confronti di Leonardo, Freud ritiene che il grande Maestro da Vinci abbia sempre conservato uno spirito dai tratti infantili: per dirla in termini junghiani, una sorta di puer aeternus.
D’altronde, ricorda il fondatore della psicoanalisi, «si dice che tutti i grandi uomini siano destinati a conservare qualcosa di infantile» (p. 266).
A proposito di questa dimensione ‘infantile’, sappiamo che Leonardo, anche in età adulta, amava molto giocare, travestirsi, raccontare favole e indovinelli.
Questa tendenza risultava incomprensibile a molti increduli coetanei, una caratteristica di personalità strettamente connessa con la sua arte, specie con la sua capacità di inventare, creare oggetti dal nulla, grazie alla propria fantasia.

immagine di stux

Leonardo da Vinci è stato un uomo fuori dal comune, senz’altro, ma, come Freud sa spiegare, era anche una persona; le vette che quest’uomo ha saputo scalare e superare, nonostante le ferite interiori e la loro dolorosità, gli hanno permesso di vivere un’esistenza ricca, alla continua ricerca di stimoli.
Grazie Leonardo che, pur con le tue fragilità, hai saputo regalare a noi le tue modernissime invenzioni e le opere d’arte sempre così uniche e riconoscibili.

Di seguito, un interessante articolo di Wired: potete leggerlo a questo link.

Bibliografia consigliata

OSF, volume VI, pp. 209-277

il saggio in questione, acquistabile qui

Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).

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