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Psicologia del traffico: intervista alla dott.ssa Manuela Bellelli

Ho deciso di pubblicare un articolo dedicato al tema della psicologia del traffico perché purtroppo gli incidenti stradali costituiscono drammatiche notizie all’ordine del giorno e perché ritengo, insieme a molti, che numerosi episodi – anche con esiti fatali – potrebbero essere evitati con maggiori attenzioni e accortezze alla guida dei veicoli e da parte di ogni utente della strada.

È con grande piacere che pubblico questa breve intervista alla dott.ssa Manuela Bellelli, amica e collega, ex poliziotta municipale e psicologa.

foto di ohurtsov
Ciao Manuela, grazie per aver accettato la mia proposta di dare vita a questo spazio! Partiamo dall’inizio, dalle definizioni: che cos’è la psicologia del traffico?

La psicologia del traffico è una disciplina classica della psicologia, analogamente alla psicologia clinica e alla psicologia del lavoro, poco nota in Italia.
Gli ambiti principali sono: la valutazione psicologica dell’idoneità alla guida, lo sviluppo di programmi di educazione stradale rivolti a tutti i conducenti, programmi volti a ridurre il rischio di recidiva in persone che hanno commesso frequenti infrazioni, guidato in stato di ebbrezza, valutazioni.

Insieme agli ingegneri è possibile creare tavoli di lavoro multidisciplinari per la realizzazione delle infrastrutture, cioè per avere infrastrutture “A misura d’umano” cioè compatibili con le esigenze di tutti gli utenti della strada, incluse le persone con disabilità.
Gli psicologi del traffico possono formare medici e ingegneri che operano nell’ambito della sicurezza stradale e collaborare nello sviluppo delle leggi relative al codice della strada.

Infine, gli psicologi del traffico possono formare insegnanti/istruttori di scuola guida e anche effettuare corsi di aggiornamento nelle autoscuole.
Tradizionalmente la psicologia del traffico si occupa di sicurezza stradale: esiste tanta ricerca.
In questo ambito gli psicologi sono gli “specialisti del comportamento”.

foto di csliaw
Quanto sono rilevanti i fattori emotivi, quando siamo alla guida?

Credo siano molto importanti: pensiamo ad una persona “depressa” oppure “con un livello di rabbia molto alto”. Pensiamo a quanto possano influire gli stati d’animo nelle reazioni e nei comportamenti di guida: dal non utilizzare i sistemi di ritenuta e di conseguenza, farsi male anche con un piccolo urto, dall’avere una guida aggressiva che mette a rischio gli altri utenti della strada.

Cosa possono generare le nostre emozioni, alla guida di un mezzo?

Se leggiamo la cronaca, ci sono comportamenti effettuati durante o nell’immediatezza della guida, che nascono da profonde frustrazioni e stati di rabbia, forse, a volte, uniti a disturbi psicologici. Pensiamo, ad esempio, a persone che si picchiano per un parcheggio, o peggio. Non essere tranquilli alla guida può causare errori e distrazioni, questo vale anche per ciclisti e pedoni: a volte le distrazioni sono molto pericolose.
Non dimentichiamo, poi, che l’automobile, per alcuni, è uno status symbol.

foto di TimHill
Quali sono i fattori che conducono più frequentemente a incidenti stradali?

I fattori sono tanti: le campagne di sicurezza insistono spesso su alcol e velocità.
Io penso che occorre guardare complessivamente il problema.

Andrebbero formati anche i conducenti di velocipedi, di monopattini, perché si impara da bambini per gioco, ma sulla strada ci sono regole. Occorrerebbe personale formato, come appunto lo psicologo del traffico, che realizzasse formazione nelle scuole, preferibilmente alle elementari, in ogni classe e per almeno 10 ore all’anno, incluse alcune ore dedicate alle esercitazioni pratiche.

Occorrerebbe formazione anche nei luoghi di lavoro: non dimentichiamo che molti infortuni sul lavoro sono “in itinere” cioè nel tragitto casa-lavoro. I casi di cronaca, purtroppo, sono qui a ricordarcelo, come la morte degli studenti Giuseppe Lenoci e di Lorenzo Parelli (articolo di cronaca disponibile QUI).

Non dimentichiamo il problema della “deprivazione di sonno” da parte dei giovani per motivi ludici, ma anche da parte di adulti per motivi professionali: il cosiddetto “colpo di sonno” che può accadere anche ad un lavoratore turnista quando finisce il turno di lavoro notturno e torna a casa (ad esempio: medici, infermieri, guardie giurate, operai, Forze dell’Ordine, persone che lavorano nell’ambito dello spettacolo…).

foto di sharkolot
Cosa sarebbe più utile mettere in campo, per minimizzare gli incidenti stradali?

Una corretta formazione nelle scuole e nei luoghi di lavoro e nelle associazioni: non dimentichiamo che abbiamo una consistente fetta di “patenti grigie” (gli anziani alla guida) e occorre un ripasso anche per gli utenti anziani. Oltre a corsi dedicati a persone che provengono da altre culture, che utilizzano solo la bicicletta e il monopattino, ma che anche con la bicicletta e il monopattino possono mettersi in pericolo e creare situazioni di pericolo.

Come prevenirli?

Non ho una ricetta magica, ma sicuramente facendo formazione a 360° comprendendo i giovani (dai bambini), i luoghi di lavoro, gli utenti anziani ed anche coinvolgendo associazioni di stranieri: ricordiamoci che abbiamo tanti utenti della strada che provengono da paesi di altra cultura, con realtà molto diverse dalle nostre e che, a volte, non conoscono le regole anche basilari della nostra circolazione come la precedenza a destra, ad esempio.

Pensate che ci sono persone che provengono da paesi privi di cartelli stradali: questi utenti, anche con una bicicletta o un monopattino, possono contribuire a causare un incidente stradale con gravi conseguenze.

foto di Myriams-Fotos

In ultimo: chi è preposto a sanzionare i comportamenti scorretti, occorre che lo faccia anche per gli “utenti deboli” altrimenti potrebbero continuare a violare le norme in modo consapevole.

Gli “utenti deboli” della strada

Gli “utenti deboli” sono quelli che non hanno un abitacolo che li protegge: ciclisti e pedoni, ma anche ciclomotoristi e motociclisti. Io per i monopattini consiglio sempre di assicurarsi, nonostante non ci siano obblighi assicurativi.

I monopattini vanno condotti da una sola persona; dopo i 14 anni e fino ai 18 devono indossare il casco. I monopattini devono essere condotti sulle piste ciclabili quando presenti; fuori dai centri abitati non devono essere condotti se non c’è la pista ciclabile.

Non dimentichiamo che l’incidente stradale è un costo umano, sociale ed economico, e spesso genera sensi di colpa per il conducente del veicolo a motore.

CV della dott.ssa Manuela Bellelli

Psicologa del traffico, laurea magistrale in psicologia cognitiva applicata LM51 presso l’Università degli studi di Padova.
Perfezionamento in Psicologia del traffico presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Alta Formazione in Pronto Soccorso Psicologico presso Sapienza Università di Roma.
Pregresso lavoro decennale nella Polizia Locale presso Carpi (MO).
Da anni effettua formazione nelle scuole e presso associazioni, nella prevenzione degli incidenti stradali.
Ha scritto articoli in materia e realizzato un sito web, che potete visitare cliccando QUI
Potete contattare la collega inviandole un’email: bellelli.manuela@gmail.com.

La collega ha, inoltre, realizzato un’utile guida per i ciclisti che potete scaricare da QUI.

Per ulteriori informazioni, vi invito a visitare questa pagina web!

foto di lioneltgta

Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).

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