Medici di base e pediatri: quali sono gli atteggiamenti rispetto al disagio psichico e al ruolo dello psicologo?
Una ricerca dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
L’Ordine degli Psicologi del Lazio ha recentemente pubblicato un interessante report che desidero condividere con il pubblico del blog: si tratta di una ricerca condotta dagli psicologi A. Couyoumdjian e A. Gragnani sugli atteggiamenti di medici di base e pediatri del Lazio nei confronti dei disturbi psichici e sulla loro considerazione degli psicologi. Partiamo da un importante presupposto: parlare di problemi psichici e chiedere aiuto in questo senso non è cosa banale, al contrario genera spesso preoccupazione, paura di aprirsi all’altro e timore di essere giudicati.
Al giorno d’oggi anche i medici si trovano a confrontarsi con il disagio psicologico dei loro pazienti e giocano un ruolo fondamentale nel riconoscimento dei disturbi psichici e nella ricerca di una loro corretta soluzione (Zantinge et al. 2006).
Il numero di pazienti che si rivolge al proprio medico di base o al pediatra per ricevere un consiglio su come trattare un disagio (proprio o di un familiare) di area psicologica è decisamente inferiore a quanti, in realtà, combattono con questi problemi ma decidono di non dichiararlo apertamente. La percentuale di persone che, al contrario, ammette un disagio e si rivolgere a un medico, non sempre riesce a trovare la strada ‘giusta’ per affrontare il disagio psichico: e qui arriviamo al fulcro della ricerca. Da questo studio è emerso che, nella maggior parte dei casi, i medici di base che ricevono richiesta di aiuto psicologico inviano solo una minima percentuale di pazienti agli specialisti della salute mentale: i medici tendono, invece, a prescrivere autonomamente psicofarmaci, a trattare personalmente pazienti che diagnosticano come ansiosi o depressi e a inviare ad altri professionisti (esclusivamente a psichiatri) solo i casi più gravi (esempio: schizofrenici).
I pediatri, invece, sono disposti a consigliare a quasi il doppio dei pazienti dei medici una consulenza psichiatrica o anche psicologica.
Raramente la disciplina psicologica viene presa in considerazione dai medici del Lazio e non sembra esistere alcun raccordo tra medicina di base e psicologia, nonostante i medici di base, in questa ricerca, si dichiarino convinti dell’affidabilità degli psicologi e della psicoterapia in generale. È purtroppo emerso che la maggior parte degli operatori sanitari e del pubblico non è a conoscenza del fatto che attualmente esistono prove scientifiche a sostegno della psicoterapia e della sua affidabilità (basti pensare alle pubblicazioni annuali dell’American Psychological Association o dell’Association for Psychological Science).
Tra gli aspetti più rilevanti di questa indagine non possiamo dimenticare che i medici di base non sono specificamente formati a diagnosticare i disturbi di area psichica/psicologica, per cui spesso non hanno le adeguate conoscenze e gli strumenti indispensabili per orientare i pazienti in maniera corretta: numerose ricerche hanno confermato questa difficoltà a diagnosticare disturbi psichici da parte dei medici (Hirschfeld et al, 1997; Wittchen et al., 2002; Mitchell et al, 2009). Al contrario, si è evidenziata una tendenza dei medici a non consultare gli strumenti diagnostici di area ‘psi’, quali il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) e l’ICD (International Classification of Diseases), ma a preferire le reminiscenze del loro percorso universitario per formulare una ipotesi diagnostica. Da una recente analisi (Mitchell et al., 2011) è emerso che i medici hanno difficoltà a identificare in modo accurato la sofferenza psicologica e che riescono a individuare i sintomi della depressione in pazienti mediamente depressi solo una volta su tre: non risultano capaci diagnosticare, invece, la depressione nella sua forma lieve.
Veniamo all’aspetto temporale: per effettuare una diagnosi corretta è cruciale che lo specialista abbia un certo spazio di tempo da dedicare alla raccolta anamnestica (informazioni familiari, precedenti fisiologici e patologici…), cosa che invece non accade ai medici di base che, come sappiamo, si trovano letteralmente sovraccaricati di lavoro. L’impossibilità di prendere nota in modo accurato della storia clinica del paziente rende difficoltoso potersi esprimere sul suo stato psicologico, sulle cause che hanno generato il disagio, sulle possibilità di remissione dei sintomi. Non dimentichiamo che una diagnosi accurata e precoce costituisce uno dei fattori più rilevanti per la riuscita di un intervento, sia che si tratti di problemi mentali che di disturbi somatici.
Un’immagine dal film Un angelo alla mia tavola, di J. Campion (1990)
Naturalmente, lo psicofarmaco può rappresentare agli occhi dei pazienti – ma anche a quelli del medico curante – la soluzione ‘magica’ e onnipotente ai problemi psichici: ma non basta una pillola per essere felici. La prescrizione di psicofarmaci non può mai prescindere dalla relazione curante/paziente e dall’instaurarsi dell’alleanza terapeutica, che rappresenta uno degli ingredienti più incisivi per la cura del paziente.
Nella maggior parte dei casi, nella valutazione del benessere psichico i medici di base sembrano focalizzarsi principalmente sull’attività fisica e sportiva, sulla soddisfazione nel lavoro o nello studio, sugli interessi/hobby piuttosto che su fattori eminentemente psicologici, quali ad esempio il raggiungimento degli scopi di vita o le emozioni positive.
Spesso, inoltre, i medici di base insieme ai pediatri hanno ammesso di sentirsi ‘stressati’ dal contatto con problemi di questo tipo e di provare frequentemente impotenza, sofferenza empatica, inadeguatezza, compassione.
Diverse sono le criticità che questa ricerca lascia emergere: purtroppo sono criticità molto note, specialmente ai professionisti non medici della salute mentale.
Da un lato, scarsa richiesta d’aiuto da parte delle persone, dall’altro difficoltà nella diagnosi dei disturbi psichici da parte dei medici e, last but non least, pregiudizi e atteggiamenti dei medici che ostacolano l’invio di soggetti con disagio psichico agli specialisti del benessere psicologico. Gli autori della ricerca evidenziano le possibili risposte a queste carenze: maggiore promozione dell’immagine della psicoterapia, diffusione delle prove empiriche a favore dell’efficacia di questa disciplina, integrazione delle cure primarie all’interno dei sistemi di salute mentale, migliore e più approfondita formazione dei medici nell’identificazione e diagnosi di disturbi psichiatrici e psicologici, maggiore prevenzione della salute mentale.
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